Associazione Uniti Per Nuovi Orizzonti (UPNO)

Esperienze e racconti di pesca di un non vedente



Introduzione:

Ho iniziato la mia prima avventura con la pesca nel lontano 1975 con un amico coetaneo con cui, ancora oggi ci troviamo per qualche battuta in sieme.
Devo dire che il tutto e nato dalla spontaneità che si ha da ragazzini, e quando ripenso a quel pomeriggio di primavera inoltrata, un sorriso mi increspa ancora le labbra.
Sarà perché a quei tempi la pesca era il passatempo preferito da quasi tutti i ragazzi di quindici anni o poco più, che facevano parte del gruppetto dellafrazione in cui abitavo, che, guardacaso si chiama Isola.

Era l'epoca che ancora ci si ritrovava di sera all'osteria, e fra una marachella e laltra, una giocata a carte,si ascoltavano i racconti degli anziani con una certa attenzione, E gli argomenti prevalenti erano: la caccia o la pesca.
Sarà stato per la voglia di emulare le imprese degli anziani, o per trovare il modo di trascorrere i pomeriggi, o il modo di dare delle preoccupazioni ainostri genitori, che, a volte dovevano scendere fino al fiume per chiamarci, perché era già ora di cena, che passavamo più tempo sulle rive del fiume che a casa.
all'inizio me ne stavo con le mani in mano senza fare nulla, potevo solo toccare i pesci che uno dei miei amici catturava, e di tanto in tanto finivano nel retino, e toccandoli imparai a riconoscere i pesci dalla forma della testa, del tronco, dalle pinne, e dalla viscosità della pelle.
Fu così che un pomeriggio uguale a tanti altri, toccando con le mani tra i ciottoli, trovai della lenza tutta aggrovigliata.
Tramite il tatto già allora molto sviluppato, riuscii a sgrovigliarne una parte, ottenendo uno spezzone lungo circa tre metri.
Il mio amico, che si chiama Ermes, Mi disse.
"aspetta, che gli mettiamo un attacco, e provi a pescare".
Aspettai, e nel giro di un minuto, lo spezzone di lenza era dotato di un amo e un paio di piombini, pronto per catturare qualche pesciolino.
Tenevo tra le dita un estremità della lenza in trepida attesa.
"Senti niente?" Disse Ermes.
Prova a tirare su!" Tirai, e un pesciolino cera! Rimasi perplesso.
come era possibile che non avessi sentito il pescie tirare nella lenza? "Ha, non sei stato attento! Riproviamo!" La cosa si ripeté per quattro volte, dopo di che mi insospettii, e dissi: ora la lenza la lancio io, e così fu.
attesi per un paio di minuti, con la lenza tenuta appena in tensione.
Avvertii che questa si spostava a piccoli scatti.
"C'é! c'é! recupera!"

Recuperai con un paio di forti strattoni, e il povero pesce mi rinbalzò tra i piedi, dimenandosi spasmodicamente privato della mancanza di ossigeno.
Seguendo il filo lo presi tra le mani, e tentai di liberarlo dall'amo che si era conficcato nel labbro superiore.
"questo dobbiamo ributtarlo in acqua, perché è un barbo troppo piccolo per metterlo nel retino," Mi disse il mio amico.

La delusione fu totale.
La mia prima preda catturata dovevo ributtarla in acqua, perché non raggiungeva la misura consentita.
La cosa andò avanti ancora, e catturai altre quattro Macchiaiuole, ( Vairone - pescie di piccola taglia molto diffuso nei nostri fiumi).
Poi Ermes mi confessò che i primi quattro pesci li aveva catturati lui e poi li aveva attaccati al mio amo per farmi contento, e li aveva rilanciati in acqua, ma, gli altri li avevo presi io.
Ricordo che di questo fatto se ne parlò più di una volta, tanto che la cosa giunse all'orecchio del babbo di ermes, pescatore di grande abilità, e dotato di notevole inteligenza, come ebbi modo di scoprire più tardi.
In fatti fu lui ad insegnarmi come si legava un amo alla lenza, come si realizzava un finale, come si facevano certi nodi, come stringere i piombi e quali erano le mie possibilità in fatto di pesca.
Mi disse, mescolando l'Italiano al dialetto, che Il galleggiante io non potevo vederlo, oviamente, ma che si poteva pescare anche a fondo, dove non occorreva vedere il galleggiante.
e che pescando a fondo, si prendeva meno pesci, ma le prede erano più grosse.
E così mi procurai una canna telescopica di terza mano, un mulinello che aveva visto tempi migliori, e un rotolo di lenza da poche lire, e imparai a legare gli ami alla lenza esercitandomi assiduamente, per non essere da meno nei confronti dei miei amici.

Sta di fatto che nel tempo, quando si andava a pesca di notte, in caso di rottura del finale di qualcuno, toccava sempre a me legare l'amo alla lenza, perché non avevo bisognio di luce, per realizzare con successo un finale nuovo di pacca.
E questo valse una certa considerazione, tanté che ogni qual volta si organizzava una battuta di pesca notturna, venivo sempre interpellato.
All'inizio della mia avventura di pesca, la cosa non fu perniente facile, perché, vuoi per l'impazienza che caratterizza i ragazzi di quell'età, vuoi per la frenesia di giungere per primo alla cattura del pesce, commettevo un sacco di errori, come muovere in continuazione la canna, e di conseguenza l'esca, che in molti casi il pesce non gradisce, e quindi non abbocca.
Un dato fondamentale che caratterizza un bravo pescatore e la pazienza, che la si aquisiscie soltanto con il tempo.
All'inizio, il saper lanciare bene è sicuramente lo scoglio più difficile da superare.
In anzi tutto bisogna avere un buon orientamento, e anche il senso della direzione, e saper dosare la forza nel lancio, questo perché molto spesso si corre il rischio, di lanciare anziché al centro del gorgo, hai lati, che sono infestati di piante, e quindi, se non si è troppo fortunati, bisogna rifare il finale della lenza completamente, perché si agroviglia nei rami, e la cosa e particolarmente frustrante per chi è ancora alle prime armi, perché si perde un sacco di tempo.
Il problema lo si puo ovviare, se i finali si preparano prima, ma e comunque sempre un lavoro in più.
inoltriamoci ora nella varieta' di pesci, spiegando la tecnica di pesca per ogniuno di loro, ALMENO per QUEL che sono le mie esperienze!
NON MI RESTA CHE AUGURARVI UNA BUONA LETTURA, E BUON DIVERTIMENTO!